Intervista con Gianpietro Ghidini

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A margine dell'incontro sul tema della scelta che le classi quinte hanno realizzato nella mattinata di venerdì 20 aprile, il nostro alunno Francesco Rossi di 5B ha realizzato per l'emittente Radio Bruno l'intervista al signor Gianpietro Ghidini che riportiamo integrale, per gentile concessione della stazione radiofonica. 

COME SI CAMBIA IL MONDO? CON AMORE E PERDONO

 

Gianpietro Ghidini o, come si fa chiamare da molti, Papà Gianpietro, è un padre che non si è abbattuto, si è rialzato e ha lottato. Un giorno, dopo aver perso il figlio Emanuele, ha deciso di creare un’associazione, “Ema PesciolinoRosso”, per aiutare e fare coraggio ai giovani di oggi. Per realizzare il suo sogno ha distrutto muri psicologici più alti di lui, li ha spodestati. Un uomo con un’umanità immensa e con un senso della vita totale, mi si è parato davanti. Ho avuto l’opportunità di intervistarlo in seguito all’incontro tenutosi nella palestra della Scuola Media di San Miniato Basso, dove sono accorsi, in un progetto che li ha visti uniti per la prima volta, tutti gli studenti delle classi quinte delle Scuole Superiori di Secondo Grado del Comprensorio del Cuoio: Liceo Scientifico Marconi (La Scala) e ITC Cattaneo (San Miniato Alto).

1 - Come è nato “Ema PesciolinoRosso”? Qual è l’obiettivo principale di questa associazione?

PesciolinoRosso nasce nel dicembre del 2014 in seguito a un episodio drammatico e doloroso. Mio figlio Emanuele il 24 dicembre 2013 si è gettato in un fiume, dopo aver partecipato a una festa con amici maggiorenni, ragazzi di 19, 20, 21 anni. Nella festa è girato di tutto: alcol, marijuana, LSD. Emanuele ha assunto droga, ma prima di tornare a casa non ha retto il colpo e si é gettato in quel maledetto fiume. Anch’io in quel freddo dicembre 2014 volevo gettarmi in quel fiume. Avevo due strade: quella di andare con lui o quella di rialzarmi. Sognai, due giorni dopo la sua morte, di raccogliere Emanuele nell’acqua; compresi, in modo chiaro per me, che dovevo dedicare tutta la mia vita ai giovani. Dovevo raccontare la nostra storia. Nasce PesciolinoRosso, chiamato così perché dieci anni prima io e mio figlio avevamo liberato un pesciolino rosso nel fiume, perché nello stagno nel quale viveva l’acqua era troppo calda. Questo pesciolino era stato mangiato da un’anatra. Quel punto del fiume era lo stesso dove mio figlio Emanuele si è buttato dieci anni dopo. PesciolinoRosso è un’associazione che oggi ha una pagina Facebook, Instagram, un sito Internet (pesciolinorosso.org). Su Facebook siamo più di 300.000, voglio e vogliamo creare una grande onda per cambiare il mondo. Abbiamo iniziato ad andare nelle scuole e da quel giorno ho tenuto 1172 incontri, contando anche l’incontro di oggi. 

 

2 - Di sicuro ti è capitato che qualche ragazzo o genitore sia stato toccato dalla tua testimonianza. Puoi raccontarci qualcosa?

Ho decine di esempi e di lettere, testimonianze toccanti. Mi viene in mente l’episodio di una ragazza che ho incontrato lo scorso anno. Ero in Puglia. Quando sono tornato a casa mi è arrivata una lettera: questa ragazza mi raccontava che il giorno prima dell’incontro aveva deciso di suicidarsi ma, dopo avermi ascoltato, dentro lei era nato qualcosa, si era accesa in lei una fiammella e quindi ha deciso di continuare a vivere. Aveva anche scritto una bellissima lettera di addio alla mamma, che poi ha strappato. Tanti ragazzi mi chiedono di aiutarli a trovare un sogno. Altri, che fanno uso di droghe e vogliono uscirne, mi chiedono di aiutarli a camminare nella giusta via, perché hanno capito che con la droga non si arriva da nessuna parte. 

Io li chiamo “i piccoli miracoli di Emanuele”. Ce ne sono a decine e ognuno di questi miracoli mi dà la forza di andare avanti.

 

3 - Quali bisogni hanno i ragazzi di oggi? Come può un genitore rispondere presente alla chiamata e riuscire a comprendere il proprio figlio?

I giovani di oggi hanno gli stessi bisogni di sempre. Per i nostri ragazzi è necessario avere un sogno, una motivazione, una ragione per cui combattere. Questo mondo ha tolto loro questa ragione. Spesso siamo noi genitori che vogliamo tenere i nostri figli sotto controllo, li rinchiudiamo in una boccia di vetro, risolviamo loro ogni problema. Ma i ragazzi hanno bisogno anche di affrontare problemi, altrimenti perdono la motivazione per combattere. Noi dobbiamo vivere una vita vera, una vita che sia fatta a volte anche di imprevisti. Abbiamo tolto la motivazione ai nostri ragazzi. La cultura ci aiuta a comprendere come cambiare questo mondo, ma i giovani hanno la sfida più grande: cambiarlo davvero. Devono riportare al centro l’uomo, la donna, non guardare alle cose materiali come abbiamo fatto noi adulti, che abbiamo creato un mondo basato sulla competizione, la rabbia, il dominio. Tutto deve cambiare. Devono trovare una nuova strada. Io credo che un genitore debba tenere sotto controllo il figlio fino a dieci/undici anni, lo deve proteggere, tutelare. Ma ritengo che, dopo una certa età, un genitore non debba stare sopra, ma al fianco del proprio figlio, permettendo al figlio di cercare la propria strada, anche a costo di sbagliare. Il figlio deve soltanto avere la certezza che il genitore è il porto nel quale la barca del figlio può ormeggiare quando il mare è in tempesta. 

 

4 – In quattro anni hai avuto 1172 incontri, distesi in 400 località diverse. Ti aspettavi una risposta così grande?

Assolutamente no. Io non sapevo, quando ho iniziato, dove sarei arrivato. In realtà in quel sogno avevo già visto ciò che sarebbe accaduto. Avevo visto me stesso parlare davanti a scuole, a ragazzi e adolescenti. Non mi aspettavo di incontrare così tante persone. Ne ho incontrate più di 300.000. Non è però merito mio, io non sono nulla. Emanuele e la propria storia mi consentono di arrivare al cuore di giovani e spero di avere ancora le energie per farlo, per continuare.

 

5 - Agli occhi dei giovani sei un supereroe, sei un esempio da seguire. Hai abbattuto un muro gigantesco. Chi ti ha dato questa forza?

Un poeta indiano di nome Tagoree diceva: “Tu sei quel foro nel flauto attraverso cui passa la musica suonata da Dio”. Io mi pongo come il foro di un flauto, sono uno strumento nelle mani di Dio. Io cerco ogni giorno Dio, è qualcosa di meraviglioso. Mi definisco un cercatore di Dio. Io sono la sua musica. Forse un giorno lo incontrerò.

 

6 - Durante la mattinata hai espresso il concetto di perdono. Quanto è importante nella vita di una persona?

Il perdono non è soltanto importante, è fondamentale, se vogliamo vivere una vita serena, gioiosa, una vita in pienezza. Anche l’odio, la rabbia e il rancore, che nascono dall’incapacità di perdonare, ci tengono vivi. La rabbia è un’energia pazzesca. Io mi chiedo: “Ma ha senso vivere nell’odio?”. A mio parere il perdono è una scelta di vita, è una decisione lasciare la vendetta, eliminare l’odio per cercare veramente l’amore. Il perdono è la più grande risorsa che abbiamo nel nostro animo. L’amore è la più grande guarigione che c’è per l’uomo.

 

7 - L’abbraccio paterno a ognuno dei presenti è stato emozionante. Quanto è importante nella vita delle persone un gesto così?

Dicono che un abbraccio di 20 secondi sia una produzione reciproca di energia pazzesca. Si stimolano le endorfine che sono, in poche parole, qualcosa di positivo dentro di noi. Io sono convinto che dobbiamo imparare ad abbracciare di più i nostri genitori, i nostri familiari, gli amici. Il mondo in realtà ci vuole isolare. Ci vuole allontanare. Se cominciassimo a relazionarci e a rialzarci dalle nostre frustrazioni, dai nostri dolori atroci attraverso un abbraccio o attraverso l’amore, forse non avremmo bisogno di tutte queste dipendenze che oggi caratterizzano il nostro mondo. Io dico che l’amore è la risposta, sempre e comunque.